Quale alimentazione per l’atleta di endurance ?

Posted by Elena Casiraghi 4 Maggio 2015 0 Comment 18377 views

endurance nutrition

Da tempo il dibattito è aperto.

Cosa deve mangiare un atleta di endurance? Quale alimentazione quotidiana deve adottare?

Si è portati a pensare che un atleta che si allena molto e consuma una quota importante di calorie, come appunto l’atleta di endurance, debba assumere pari quota di energia.

E questo pensiero, purtroppo, è ancora molto diffuso anche tra gli specialisti della nutrizione.

Si ragiona ancora come se l’organismo umano fosse un forno, senza considerare che il concetto di caloria è ormai superato e, nella maggior parte dei casi, affidandoci unicamente ad esso, si commettono errori, inibendo in alcune situazioni anche lo stimolo metabolico allenante.

Gran parte degli studi scientifici dimostra che scegliendo accuratamente la strategia di alimentazione quotidiana, è possibile rinforzare gli stimoli dello stesso allenamento, migliorando la capacità di endurance.

Grazie ad un’alimentazione bilanciata che fornisce un’adeguata quantità di carboidrati, senza eccessi, e la scelta di un carico glicemico medio-basso, è possibile migliorare la produzione di mitocondri dentro al muscolo e la capacità dell’organismo di ossidare al meglio i lipidi durante la prestazione (fattore fondamentale nell’endurance che permette una maggior autonomia e un minor rischio di crisi energetica).

L’obiettivo, innanzitutto, deve essere quello di favorire la salute dell’atleta, senza per esempio che si creino situazioni di stress ormonale o sofferenza psicologica. Per questo, l’alimentazione quotidiana deve fornire, coprendola, la quota di nutrienti e micronutrienti di cui l’organismo necessita. In questa situazione vanno poi considerati piccoli tips & tricks in maniera che l’atleta possa adottare quotidianamente la strategia senza attuare atteggiamenti “bulimici”.

Per questo le diete low-carb non possono essere considerate come piano alimentare quotidiano per l’atleta. Come anche le diete high-protein. E’ necessario un bilanciamento dei nutrienti, ovvero dei carboidrati, di proteine e di grassi, scegliendo in quest’ultimo caso quelli cosiddetti “buoni” -come l’olio extravergine di oliva- e limitando i grassi saturi -che si riconoscono facilmente a occhio nudo come infatti il grassi degli affettati o della carni rosse o il grasso della panne e creme.

La dietologia precedente considerava che l’atleta che si allenava a lungo dovesse consumare un’importante quota di carboidrati. Oggi giorno, invece, la letteratura scientifica e i dati raccolti sul campo dimostrano che un eccesso di carboidrati, oltre che un alto carico glicemico, diminuisce la percezione di fatica muscolare nell’allenamento successivo ma inibisce la capacità del muscolo di ossidare i lipidi a scopo energetico.

Un gruppo di ciclisti ha eseguito per 6 giorni consecutivi un’alimentazione con un apporto di carboidrati quanti bastava a coprire le richieste energetiche, senza un surplus di assunzione. A seguito, il settimo giorno, effettuava un carbo loading per saturare le riserve di glicogeno. Effettuava quindi un test di 100 km con bici da crono e a seguire 1 km all out. I risultativi dimostrano che quando l’atleta effettuava un’alimentazione senza eccessi di carboidrati per 6 giorni seguiti da 1 giorno di carico glucidico migliorava la prestazione di quasi 4 minuti rispetto ad un’alimentazione con un’elevata concentrazione di carboidrati nei 7 giorni.

La metodologia che ha mostrato i migliori risultati, a parità di allenamento, è quella chiamata “Train Low, Race High” che prevede di allenarsi con una scarsa concentrazione di glicogeno ed effettuare nei giorni pre gara un carico di carboidrati (senza il giorno di deplezione).

Questa strategia di “allenamento a tavola” può essere utilizzata anche da chi si allena intensamente e fa anche due sedute quotidiane e per coloro che si allenano ad alto livello; sarebbe opportuno che tale strategia venisse adottata da quegli atleti che contano già esperienza nella disciplina e quindi andrebbe testata solo per brevi periodi dai neofiti.

In questi casi, ad ogni modo, l’integrazione dei grassi diviene fondamentale (vedi sopra per la miglior scelta).

E’ fondamentale, inoltre, che l’allenamento con scarsa disponibilità di glicogeno venga effettuato e ritmo medio-basso o basso.

Il Train Low, race High può essere adottato quotidianamente durante l’intera stagione agonistica ma per coloro che desiderassero testarne gli effetti per un breve periodo è possibile adottare lo schema di seguito costituito da 3 fasi:

1. allenamento a digiuno (la corsa è la disciplina che sembra avere una maggior efficacia) che permette l’esecuzione di di un primo allenamento che determina la riduzione del glicogeno muscolare; a seguire colazione bilanciata senza eccesso di carboidrati, evitando o limitando specialmente quelli con “alto indice glicemico” come pane, fette biscottate, succhi, marmellate, ecc. E spuntino a metà mattina con ad esempio yogurt (se si desidera si può aggiungere una porzione di frutti di bosco e/o avena decorticata);

2. pranzo con l’assunzione a pranzo di cibi e bevande che non contengono carboidrati (o che ne contengono quantità minime) e che, dunque, non permettono la risintesi del glicogeno muscolare (“dieta ipoglicidica”); questa fase è adottabile solo dall’atleta professionista cioè dall’atleta che non ha un coinvolgimento cognitivo tra una seduta e l’altra. Per chi invece deve lavorare (es. in ufficio) consiglio una porzione di proteine magre, una porzione di verdura (no patate, no carote, no barbabietole, no zucca, no legumi…), una fetta di pane e una porzione di frutta (preferire frutti bosco o kiwi o fragole o ciliegie). Eventuale spuntino come mattina per coloro che si allenano nel tardo pomeriggio. Accompagnare il pasto con acqua.

3. Secondo allenamento nel quale già all’inizio si ha una condizione di bassa concentrazione di glicogeno muscolare.

Attenzione.

Solo l’allenamento per la forza muscolare non andrebbe effettuato in situazione di carenza muscolare, poiché agisce su differenti metaboliti.

Inoltre, è fondamentale valutare l’atleta nella sua globalità, considerando anche il benessere quotidiano e l’efficienza energetica per le ulteriori attività, come ad esempio famiglia, lavoro e tono dell’umore.

“Semplicemente”…Train Smart, Race Better!

 

BIBLIO:

Arcelli E. La maratona: allenamento e alimentazione. 1989

Fontana D. Dimagrire di corsa. Ed. Mondadori, 2014.

 

 

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