Fuga verticale

Posted by Elena Casiraghi 21 Marzo 2013 0 Comment 2853 views

Woman looking at Ama Dablam, Mount Everest National Park

“Sono partito oggi che calpestavo la neve. In mezzo ai boschi. 

E sono arrivato in un posto dove c’è questa frenesia che non riesco a comprendere. C’è questa accelerazione che non mi appartiene.

E parlare di alpinismo e di montagna, in questo luogo agitato, è quasi anacronistico. Perchè il mondo della montagna è il mondo della lentezza in cui dove, a volte, per fare un passo avanti ne devi fare due indietro.

E mi è difficile parlare di alpinismo. Per diversi motivi. Viviamo, innanzitutto, in un Paese che in lungo e in largo è attraversato da montagne eppure mi sembra che ci sentiamo più un popolo di mare che di terra. E anche noi montanari non vediamo l’ora che arrivi la bella stagione per scivolare giù ai piedi delle montagne, e ancora più giù. Fino a mettere i piedi dentro a questo mare. E poi, inevitabilmente, a bruciarci la schiena.

Il problema è che lo facciamo sempre tutti insieme. E poi ci ritroviamo lì, dove abbiamo solo tolto un paio di scarpe per mettere un paio di infradito. E siamo lì assardinati l’uno accanto all’altro. Sempre gli stessi. Che poi ci ritroviamo in inverno assardinati in una funivia. E abbiamo solo tolto le infradito e messo gli scarponi.

La montagna è diversa. E’ faticosa. Devi salire. E sudare. Senza fretta.

Ed è ancora più difficile parlare di questo”.

La dimensione della montagna non è solo nella cima. La dimensione della montagna è qualcosa dentro di noi.

E per osservarla, analizzarla…ascoltarla, è necessario silenzio.

Silenzio e spazi aperti. Tempo e pazienza. Un cielo blu e delle nevi che lasciano lo spazio ai nuovi prati.

Desiderare di fuggire da un luogo che non sentiamo nostro. Da una dimensione che non ci appartiene. Per correre verso un luogo -e un ritmo- che, invece, è la nostra identità. E’ un istinto umano. Animale.

Si tratta di un sentimento dolce e delicato come il gesto di un ciclista. Elegante come la remata di un canottiere. Energico come l’avanzamento di uno sciatore di fondo. Affascinante come il giro di gambe di un podista.

…e chissà come son belle le montagne oggi nel loro primo giorno di primavera.

 

Fonte: Intervista di Daria Bignardi a “Le Invasioni Barbariche” a Manolo, al secolo Maurizio Zanolla. Aprile 2011.

http://www.youtube.com/watch?v=3uou-Zlx-BM

Foto: http://blogs.constantcontact.com/

 

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